La figura dell’infermiere libero professionista che assume sempre più rilievo col proliferare delle strutture sanitarie private

Premessa

Il numero crescente di strutture sanitarie private sorte negli ultimi tempi ha dato maggiore valenza al ruolo dell’infermiere professionale, non assunto nel settore pubblico e quindi costretto ad operare come libero professionista nel mercato italiano.
Si assiste spesso all’abuso delle collaborazioni occasionali, ovvero quelle prestazioni di lavoro autonomo entro i limiti annui di 5.000 euro complessivi e non superiori alle 30 giornate per ciascun singolo committente. Tuttavia le collaborazioni occasionali non sono sempre possibili, vediamo perché.
Le prestazioni rese da un infermiere nei confronti di un privato cittadino (non configurabile come sostituto d’imposta) non potranno che avere le caratteristiche della prestazione d’opera resa ai sensi dell’art. 2222 del Codice Civile. Il professionista Infermiere che intenda esercitare con questa modalità dovrà necessariamente provvedere all’apertura della partita IVA.
Qualora invece si intenda esercitare l’attività presso un Committente, azienda pubblica o privata, si potrà stipulare un contratto di:

Lavoro di collaborazione occasionale e gestione previdenziale


Come chiarito dalla circolare n. 19/2016 infatti ENPAPI non applica alcuna soglia di esenzione alle prestazioni occasionali rese in assenza di partita IVA individuale ed il professionista che effettui prestazioni d’opera occasionale senza essere titolare di partita IVA individuale, anche se non dovesse eccedere la soglia dei 5.000 euro annui dovrebbe obbligatoriamente iscriversi alla Gestione Separata ENPAPI.
I compensi sono trattati come redditi diversi ex art 67, comma 1, lett I) TUIR
L’importo lordo è soggetto ad IRPEF in base alla propria aliquota e a contribuzione presso la gestione separata ENPAPI che consiste in un contributo pari a 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore il cui obbligo di versamento spetta comunque al committente che ne detrarrà la relativa parte insieme all’aliquota IRPEF dal compenso infine erogato. il privato cittadino non può in alcun caso fungere da sostituto di imposta e pertanto non può essere considerato un committente; il professionista deve aprire la partita IVA individuale.
Il professionista infermiere che svolga l’attività in libera professione, ivi comprese le collaborazioni coordinate e continuative ex art.409 c.p.c. e le prestazioni occasionali ex artt. 2222 e s.s. c.c. (rese nei confronti di committenti persone giuridiche), non si iscrive mai alla Gestione Separata INPS; l’unico Ente obbligatorio in tali casi è l’ENPAPI e a nulla rileva il superamento o meno della soglia di 5.000 euro annui prevista dall’INPS.

Regime fiscale per gli infermieri


Chiarito l’aspetto previdenziale, è necessario passare al versante fiscale. Gli infermieri che aprono partita IVA (codice ATECO 86.90.29 – “Atre attività Paramediche indipendenti NCA”) hanno una duplice possibilità, ovvero operare in regime ordinario IVA oppure in regime forfettario. In entrambi i casi non verrà addebitata IVA in fattura, in quanto essa è esclusa in caso di regime ordinario dal momento che le professioni sanitarie godono dell’esenzione IVA ai sensi del DPR 633/1972 art. 10 n. 18, mentre in regime forfettario essa è esclusa per natura.
In caso di regime ordinario alle fatture emesse andrà applicata una ritenuta d’acconto del 20% in caso di cliente soggetto giuridico, in caso di privati invece essi non potranno essere considerati sostituti d’imposta per cui la ritenuta non verrà applicata. Per il regime forfettario invece le ritenute d’acconto non vengono applicate in nessun caso. In entrambe le ipotesi verrà applicata una marca da bollo da 2 euro se la prestazione supera i 77,47 euro e si dovrà addebitare la rivalsa previdenziale ENPAPI pari al 4%.
Per il regime ordinario i redditi conseguiti verranno sottoposti a tassazione secondo l’aliquota di riferimento, e verranno determinati come differenza tra i ricavi conseguiti ed i costi sostenuti, cosa che non accade nel regime forfettario in cui non sono deducibili i costi sostenuti, ma si applica un coefficiente di abbattimento (per l’appunto forfettario) che per le professioni scientifiche e sanitarie è del 22%, per cui la base imponibile sarà pari al 78% dei ricavi al netto dei contributi versati, e su questa verrà determinata una tassazione sostitutiva del 15% (ridotta al 5% per i primi 5 anni di attività). Essendo l’attività infermieristica non pregna di costi, tale regime sarebbe apparentemente quello più conveniente, soprattutto perché si è esonerati da diversi adempimenti e dichiarativi fiscali.

Copertura assicurativa


E’ infine necessaria una polizza assicurativa per operare in qualità di infermieri. Le polizze diffuse sui mercati italiani hanno tutte condizioni accessibili, nonché massimali che raramente scendono sotto i 2 milioni di euro. E’ consigliabile valutare attentamente le condizioni proposte, in primis la retroattività e la tutela legale in caso di sinistri.

Vincenzo D’Anzica
Dottore Commercialista e Revisore Contabile

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